Lo Speleo Club Nuxis invita il 27 Maggio 2023 dalle ore 10.30 a partecipare alla cerimonia commemorativa in ricordo dei lavoratori che nella miniera di "Sa Marchesa" persero la vita.
Inoltre, sempre nella sede dello Speleo Club Nuxis a "Sa Marchesa", nella giornata di Sabato 17 Giugno 2023 alle 17.00 ci sarà una conferenza:
Dai mutilati ed ivalidi di guerra, ai minatori: cosa mangiano i nostri anziani.
Oggi ho scoperto che la canzone siciliana "Vitti 'na Crozza supra nu cannoni" fu scritta in ricordo dei minatori che morivano per estrarre dal sottosuolo lo zolfo dalle zolfare. Presento qui di seguito un breve testo di Sara Favarò, che racconta di come il popolare brano evidenzi la difficile vita degli operai delle minere Siciliane.
Una triste storia tutta siciliana, la ricerca di una degna sepoltura, dopo una vita di stenti e tribolazioni.
La storia vera di una delle più celebre canzone siciliana “Vitti ‘na crozza".
Non è proprio una una canzone allegra e festosa. Tutt'altro.
Il vero significato delle parole ci riporta al mondo delle zolfare, fatto di faticosissimo lavoro e di sofferenza. Una canzone che ci ricorda la sofferenza e anche l’ingiustizia di chi passava la maggior parte della propria vita nelle miniere di zolfo della vecchia Sicilia e se aveva la sventura di morire tra le viscere della terra lì restava, sepolto senza nemmeno “un toccu ‘ri campane”.
Protagonista della canzone è ’na crozza, ossia un teschio. Un teschio che, attraverso il suo racconto, si fa promotore di una forte denuncia sociale, rivolta principalmente contro determinate usanze della Chiesa cattolica di un tempo.
La maggior parte delle persone ha sempre ritenuto che il famoso ‘cannuni’ dove si trova il teschio, protagonista della canzone, fosse il pezzo di artiglieria cilindrico utilizzato per fini bellici, e che la canzone si riferisca ad un evento di guerra. Ma così non è; Il "cannuni" altro non era che il boccaporto delle miniere.
Il testo ripercorre l’ostracismo perpetrato dalla Chiesa, incredibilmente cessato solo verso il 1940, nei confronti dei minatori morti nelle solfatare. I loro resti mortali non solo spesso rimanevano sepolti per sempre nella oscurità perenne delle miniere, ma per loro erano precluse onoranze funebri e perfino, insiste la voce del teschio, un semplice rintocco di campana, perché zolfo e sottosuolo erano simboli e dimora del demonio.
La voce del teschio implora che qualcuno riservi anche a lui questa pietas, affinché una degna sepoltura, accompagnata da un’onoranza funebre che lo possa degnamente accompagnare nell’aldilà sia in grado di riscattare i suoi peccati e garantirgli una pace eterna dopo un’esistenza di stenti, contrassegnata da un lavoro massacrante in un’oscurità permanente".
(Testo tratto da: Storia di vitti 'na crozza di Sara Favarò)